giovedì 7 gennaio 2010

befane...

Non è una questione di campanile, ma qui si sta bene. Per me il sei di gennaio è sempre stato un giorno di svolta, quando ero bambino era come trovarsi davanti al baratro del ritorno ai banchi, oggi da adulto, invece, rintocca la fine delle abbuffate; e comunque sia l'epifania, è per me, il vero inizio dell'anno, il giorno in cui si ha la consapevolezza che i buoni propositi sono da attuare, è il giorno in cui mi dico “si comincia”.
È un po che vivo qui a Boschi di Baricella ed è un po che frequento la gente di questo paese davvero sperso nella nostra ubertosa pianura. Queste persone ogni giorno mi regalano sorrisi, sguardi e saluti incondizionati. Nacqui a Bologna e ci vissi quattordici anni, mi trasferii a Minerbio dove trascorsi altri diciotto anni, per poi entrare a far parte, finalmente, nel novero degli abitanti di Boschi, l'avevo “lisciata” in diverse occasioni ma alla fine eccomi.
Oggi, come dicevo, si festeggia la befana e qui a Boschi si parte presto: ci si alza dalle tavole e si va alla “scuolina”, si siede in un grande salone per attendere la “vecchia”. Succede che un uomo urla i numeri della tombola e grandi e bambini partecipano all'estrazione, una piccola valletta incarna la Dea bendata, che come una cornucopia si fa sacco e accoglie la manina per estrarre i “tappi” numerati: la bambina negli anni cambia e diventa donna, il sacchetto e i numeri no come d'altra parte succede alla lunga tavolata che negli anni cresce, si ricambia invecchia ma, lo spirito rimane invariato. Nessuno quel giorno è colpito dalle frette moderne, nessuno quel giorno ha altro da fare che andare a sentire l'uomo che urla i numeri, fare la merenda con le leccornie delle “donne di boschi” e incontrare la befana.
Tutti lo sanno, lei è vecchia e parte sempre da lontano, e per la precisione quest'anno l'uomo dei numeri racconta ai bambini che è partita da Sasso Marconi in più oggi c'è la neve, per cui impiegherà diverse ore per raggiungere il Travallino. Si parte, quindi, con la prima tombola, e tra un numero e l'altro impariamo che l'associazione delle donne di Boschi fa beneficenze all'ageop e a teleton confermandoci un'altra volta il loro grande cuore. Interviene la maestra, ma proprio quella: l'originale maestra di Boschi! Quella donna che ha insegnato a tanti, che oggi sono qui accorsi coi propri figli, proprio qui in questa sala che una volta era la sua aula, il posto dove oggi festeggiamo la Befana. Tra gli schiamazzi ci legge una sua “zirudella” che canta “delle gesta” di questo paese negli anni in cui lei insegnava, dicendo a noi nuovi arrivati che non sapremo mai come si viveva quando c'erano i barbieri le mercerie e diversi esercizi commerciali tra cui anche un benzinaio... Le garantisco, maestra, che anche se non sono un veterano di questo paese sento che qui si vive e bene, forse anche grazie a quello che lei ha insegnato alla gente di qui.
Sentiamo un vento freddo, la luce si spegne e, tra lo stupore dei bimbi appare la vetusta che ci saluta con i suoi doni, con le sue calze ma soprattutto con la sua presenza. L'uomo dei numeri , a sua volta, saluta la befana e la presenta ai bimbi, dicendo che quest'anno è ancora più vecchia e ha un naso ancora più brutto...ma oggi la befana difende la sua immagine indossando un bel paio di occhiali da sole che le donano proprio una parvenza di modernità. Come sempre è una magia e i piccoli fanno la fila per l'ambitissima calza che spetta ad ognuno di loro. Una foto e un bacino alla “vecchia di fine feste” e il pomeriggio termina in un caloroso salutarsi vicendevole. È una bella sensazione: qui il tempo sembra che un po si sia fermato, forse chissà, la realtà di un paese piccolo che induce ad essere tutti conoscenti ma soprattutto unanimi. Ancora una volta, oggi, ho avuto la riprova che qui si respira ancora aria di convivio e condivisione, tutto al fine di sentirsi bene assieme, grandi piccini e befane!
Un giorno di qualche anno fa chiesi ad un amico di queste parti come sarebbe stata la vita di Boschi, visto che di li a poco mi ci sarei trasferito, lui mi rispose dicendo che qui è come vivere in un campeggio, intendendo che in un campggio valgono di più, che in altri luoghi, le regole dettate dai ritmi umani e dai rapporti tra le persone, quel mio amico non sbagliava.

lunedì 24 agosto 2009

acqua sotto sopra!

...Innanzi tutto rispondo al mio istruttore Maurizio Sicuro... sì faccio apnea! Non te n'eri accorto?
Sono due anni che frequento la piscina di Altedo, mi iscrissi ad un corso di acquaticità-apnea perché ho sempre avuto la passione per l'acqua, da sempre, ho frequentato mare e piscine perché nelle acque e nelle loro profondità sta un elemento affascinante che, nel viaggio di un cervello abituato a poggiare le piante dei piedi a terra, può sembrare un volo: nuotando sott'acqua si azzera la dimensione dell'altezza. É una dimensione quasi eterea dove i suoni sono attutiti dalla densità di questo elemento e l'importanza del silenzio si dimostra un fattore di prevalenza in un mondo di traffico e stress. Così dicendo, dopo un incidente in mare che mi aveva eradicato la passione che avevo per la parte sotto il pelo dell'acqua, decisi che era ora di affrontare la distanza che si era instaurata tra me e il mare. Conobbi Maurizio e la sua ciurma grazie ad amici che frequentavano prima di me il corso ad Altedo , all'inizio fu un disastro: dieci secondi in apnea e poi su a riprendere aria a cercare l'elemento in cui sono nato e vissuto, perché avrei dovuto tornare sott'acqua quando la dimostrazione che non mi compete l'avevo già avuta e forte come un rischio di annegare? No, dovevo nuotare, dovevo ritrovare l'acqua.
Era il momento di imparare, come mi diceva all'inizio Erri “devi dimenticare di respirare” e dovevo concentrare la mia attenzione sullo scorrere della linea monotona fatta da piastrelle blu e bianche del fondo della piscina! Dimenticare di respirare? Concentrarmi quando la prima parvenza è quella di non poter tirare fiato? Impossibile! Fu un gioco di esercizi semplici e di abitudini fuori dal normale modo di pensare (istinto) quando non si è sommersi, a convincermi di potermi dimostrare che era possibile. Un esempio? La dispnea: immergersi svuotando i polmoni da tutta l'aria e giù! E si sta giù! Perché, tendenzialmente, senza aria si diventa negativi e si affonda! Si riemerge in debito d'aria, io spesso con le contrazioni del diaframma per tirare questa benedetta aria che manca, Mauri voleva che riemergessimo rilassati, proprio così rilassati: all'inizio durissima poi ci si riesce, piano piano con dedizione e abnegazione c'è un momento dell'apnea in cui non si ha bisogno di respirare. Sia chiaro non è poi così dura, io sono sopravvissuto a tutto compreso al passaggio di Pizzo “Ottobre rosso” che quando ti passa affianco o sotto, o peggio, sopra lascia dietro di sé mulinelli degni di un elica!
Comunque sia, lo sforzo è del tutto affrontabile, come in tutti gli sport c'è un momento di sofferenza ma la soddisfazione appaga la “spesa” , mi ricordo la prima volta che feci la mia prima vasca sotto, fu una grandissima soddisfazione personale... contando che avevo cominciato con dieci secondi a bordo vasca... Poi ci sono persone, che come me, ci mettono più cuore che tecnica, come ho già detto nuoto da sempre , è una vita che frequento piscine e ho avuto un sacco di insegnati di nuoto ma il Mauri è quello che sopra tutti mi ha trasmesso la sua passione per l'acqua o che quanto meno ha riattivato la mia, ormai creduta persa sul fondo del mare antistante l'isola di “maldiventre” (o malu vento) un piccolo affioramento di terra davanti alla costa di Oristano.
Ma ora basta elogiare il “pesce mancato” ... venite a trovarci in acqua e proverete sulla pelle l'acqua da “sotto” ... e le risate e il benessere “sopra”. Ci trovate anche su face-book al gruppo “sin tierra” .

martedì 14 luglio 2009

SCIOPERO!!!!

SCIOPERO!!!!

EX OPERARÀRE...

venerdì 19 giugno 2009

privato!!!

Abito in un paesino della bassa Bolognese... il numero degli abitanti non supera le seicento unità! Un gran bel paesino, di quelli dove ancora si lascia la chiave fuori dall'uscio e i vicini sono unanimi. Uno di quei paesi dove le differenze sono dettate, al limite, dalla differenza dei dialetti: ci sono uomini e donne che arrivano dal ferrarese e dal rovigotto, ci sono arabi e pakistani e cinesi, ci siamo noi. E ci sono loro: quelli che ci fanno sentire diversi... farò di tutta un erba un fascio, sarò classista, sarò lapidario... non me ne frega nulla... ancora una volta ho avuto problemi con chi crede in dio e nella chiesa soprattutto! ... e non è un caso!

Succede che davanti a casa mia c'è un giardino PRIVATO adiacente ad una casa di proprietà indefinita comunque di un prete o di una suora o di un loro satellite(non mi è dato saperlo e non mi interessa neanche molto) dove tutti i bambini hanno sempre giocato indistintamente alla loro estrazione sociale e religiosa, succede che ora solo chi dicono “loro” possono giocare nel suddetto giardino PRIVATO. Provate un po a pensare chi dicono “loro” ?
Sia chiaro il giardino è PRIVATO e non c'è dubbio hanno ragione loro a tener fuori i figli di chi non crede e fare entrare i figli di chi vogliono “loro” ... mia figlia ha 5 anni e la suora le ha detto:- vai a giocare al parco pubblico questo è un giardino PRIVATO...- e,subito dopo, ha attaccato un cartello con scritto “proprietà PRIVATA” ... minchia non mi beccherà una denuncia per violazione di domicilio, mia figlia è piuttosto sensibile non so quanto sia disposta a parlare con un avvocato...

bhe!! “loro” hanno un bel giardino PRIVATO è giusto che che si tengano il loro giardino PRIVATO perché la legge è chiara: dice che se uno ha qualcosa di suo è giusto che la protegga e che chieda danni se qualcuno la deturpa, ma mi chiedo una cosa... lasciate che i pargoli vengano a me... l'ha detto un grande comunista o Gesù di Nazaret ?... e mi chiedevo un'altra cosa : la mangiatoia dove è nato il Messia era roba PRIVATA? E quando ci raccontano dell'ecumenismo della chiesa parlano solo dei viaggi del Papa , o la cosa per (alcuni) preti (alcune) suore ((alcuni) suddetti satelliti) di campagna vale differentemente visto che hanno un giardino PRIVATO da preservare da mia figlia e mio figlio?

Ripeto il giardino è PRIVATO ... ma chi ha avuto la vocazione non è un faro nella notte per noi pecorelle smarrite che cerchiamo risposte?

Dimenticavo un particolare... con scotch di carta, io, ho appeso un cartello al loro di “proprietà PRIVATA” (azzo ho confessato un peccato: ho infranto il divieto di affissione) dove dicevo molto più in sintesi quello che ho appena raccontato... sbagliando purtroppo il destinatario: avevo inviato il mio messaggio al prete ... visto che si è sempre detto che era sua e che ci sono suore (e i suddetti satelliti) che ruotano attorno alla proprietà PRIVATA in questione, l'avevo proprio pensata di sua proprietà (ho sbagliato chiedo venia),invece è di un altro/a proprietario (forse una suora o un suddetto satellite) e una suora per comunicarmelo (visto che ho firmato il mio pensiero) ha svegliato tutta la mia famiglia alle 6 della mattina ...mi ha detto che non le interessava se ha suonato a quell'ora lei doveva andare al lavoro ... una suora lavora nel pubblico o nel PRIVATO? Scherzo ....

ma loro hanno un giardino PRIVATO ... è il loro e hanno ragione a far entrare a casa loro chi vogliono “loro” non c'è un minimo dubbio ma mi fanno ridere! Tanto ridere!

lunedì 11 maggio 2009

Vitamina "S"

Della mia compagnia teatrale sono quello che mai salirà sul palco come attore... Ebbene sono l'uomo dei suoni e delle luci, amo questo appellativo: mi piace “pompare” luci e suoni che riflettono la scena sul palco. Non so quanto la mia prestazione possa valere al cospetto di quella di un “protagonista” ma sono convinto della mia complementarietà affinché lo show possa essere ben fatto!
Bolla D'Aria è la compagnia teatrale nella quale opero da anni (ne sono anche il vice presidente) tante volte sono stato preso dalla stanchezza e dalle problematiche che si presentano al cospetto di un gruppo così eterogeneo, ma alla fine dello spettacolo, quando il sipario si chiude, e io vado a zero con le slides delle luci e del mixer audio sento dentro una specie di sollievo, una sensazione benefica una catarsi interna che si congratula con tutti noi dello spettacolo, una vitamina S (spettacolo) che mi da luce e forza per proseguire con ancora più voglia e passione.
Ieri siamo andati in scena con una commedia per bambini scritta da Ale, non ero al meglio, sono arrivato alle 14 del pomeriggio reduce da una notte passata con 39 di febbre, ma grazie a Sabin e alla chimica e a chi sa che altro sono arrivato in scena! Non potevo mancare... quella sensazione di benessere mi ha un'altra volta convinto a spingere e forse anche a guarire precocemente dall'influenza che mi attanagliava dal giorno prima. Anteo doveva uscire dalla scatola dei sogni e io dovevo illuminarlo(luci ieri no perché eravamo all'aperto e ci pensava il grande “piazzato” sole a spingere oltre i suoi mille milioni di “pirandello” sul proscenio) e avvolgerlo coi suoni. Punto e basta! … abbiamo avuto vissicitudini date da radio microfoni poco “sensibili” ma alla fine le nostre formiche si sono messe all'opera facendo divertire e stupire i bambini! Il nostro pubblico. Un ringraziamento agli attori ai non attori (fondamentali comunque) e alla nostra nuova nuova entrata: Greta!

sabato 7 marzo 2009

io lo metto ... è forte, bisogna essere maggiorenni! grazie!

Al di la dello specchio.

Giacomo: destra sinistra

Mi chiamo Giacomo, vivo in carcere da 2 anni e a breve esco. Mi chiamo Giacomo, ma il mio primo vestito, il mio nome, oggi mi stringe. Mi chiamo Giacomo, e il mantello d'ombra nero che mi segue non mi da tregua. Mi chiamo Giacomo, la gola mi si stringe in un urlo silente che angoscia le mie carni. Mi sveglio la notte, nell'odore famigliare della mia cella di sudore e di mensa stantia, cercando la maniera di deglutire i miei deja vu, cercando di vomitare il mio senso di colpa che mi si autoalimenta con i miei incubi. Non vi illudete sono cattivo, molto cattivo, e la mia introspezione odierna è solo, e ripeto solo, per autodenunciarmi alla gogna al vostro ludibrio, sputatemi in faccia ne ho bisogno, ma forse non merito nemmeno questo.
Io non so che cavolo mi sia preso, quella sera ma fui animale.
Vorrei portare un pensiero su queste righe bianche, quando si parla di simpatia o antipatia a pelle si sta chiaramente parlando di chimica, di quella parte umana che ancora vive di istinto animale, così che i feromoni, adrenaline, magnetismi positivi e negativi o chissà che cosa, entrano in gioco sprizzando endorfine o chissà cos'altro, nel nostro cervello e, allora quella persona, uomo donna che sia, è pronta a riceverci o a mandarci a cagare nell'istante in cui si materializza la presenza vicendevole. E questa appena detta è la definizione che ha per me l'incontro animale, ma in secondo piano arriva la nostra intelligenza, quella benedetta, o maledetta dipende dai punti di vista, cosa che ci differenzia dai nostri parenti di genere. Si instaurano rapporti, che vanno oltre l'afrore, oltre l'animale che è in noi, un rapporto è quel ponte che ci lega fatto di corde e tavole che sono l'educazione, la morale, l'intelligenza, la cultura, il registro con cui ci si esprime e una serie di vari ed eventuali che intercorrono tra le persone. Così che, le persone che si piacciono hanno riguardo a non distruggere famiglie e/o privileggiare altri rapporti al di fuori di un letto, e persone che non si piacciono ma che comunque riescono a tollerarsi per instaurare rapporti al di fuori del ring.
Io ero libero di pensare, muovermi nello spazio, lavorare e amare, diedi però libertà alla bestia sopita che è dentro ognuno di noi. Si può commettere una serie di reati infinita, si può andare contro la morale collettiva senza toccare la propria, si può fumare uno spinello e sentirsi a posto con il mondo mentre il mondo ti ingabbierebbe. Ci sono reati morali che però incontrano l'universalità di pensiero, come uccidere, che però non lascia nulla se non il vuoto e la rabbia e al limite il pentimento, ma ci sono reati come il mio che lasciano segni indelebili sulla vittima, lasciano ferite sanguinanti a vita, reati che uccidono tutti i giorni la persona che ne è vittima. Io sono stato un carnefice! Io ho violentato una donna, che muore e che morirà tutti i giorni della sua vita, ogni giorno sarà ricorrente a quello della sua prima morte quando io tolsi a lei la luce della libertà di scegliere. Tra un po uscirò da questa “bambagia” che mi ha protetto da me e dal mondo per anni, ora devo fare i conti, non che non l'abbia fatto : quotidianamente se fosse servito avrei sbattuto la testa contro il primo spigolo, ma oggi avevo il suono della campanella di uscita incombente. Se ci fosse stato qualcuno la fuori a violentare me lo avrei accettato senza problemi, ma anche qui avrei colmato un mio egoismo quindi senza ulteriori espiazioni della mia colpa.
Era una sera come le altre, di sabato le ragazze si vesto molto bene, carine e sexy, io non avevo bevuto, io non avevo fumato, non ero neanche in uno stato di euforia che avrebbe potuto scatenare il diavolo in me. La vidi e, i miei sensi si allungarono verso lei come catturati da quella scia che porta il topo al formaggio nei cartoni animati. Estasiato dalla sua indicibile bellezza, mi avvicinai e di sottecchi la guardai, la luce soffusa si ammantò del fumo che dà la vista sfuocata di quando si stringono gli occhi, una fata! Una meravigliosa fata! Mi avvicinai e mi feci avanti, capì che ero li per provarci, mi fulminò con gli occhi, che azzurri presero la luce del ghiaccio. Mi girai, me ne andai con la coda tra le gambe. La serata continuava e la mia vista incrociava spesso quello spettacolo di donna, quel tripudio di bellezza, quelle gambe, quel seno, quei capelli, era tremendo avevo una attrazione fisica prepotente verso quella donna, stavo smaniando per averla per una notte di assoluta libido. Già pregustavo l'amplesso e i suoi sospiri, i suoi afrori, il suo corpo caldo sul mio. Nulla, riprovai ad avvicinarla ma niente, questa volta disse pure qualcosa che intuii in un vaffanculo, non sentii le parole, il chiasso era protervo, e il labiale era tutto ciò che comunicava con me, da lei. Quelle labbra! Erano diventate in quei pochi attimi un desiderio irrinunciabile un voglia irrefrenabile di possesso, sentivo una potenza sessuale enorme, sentivo la mia erezione partire dal battito tachicardico del cuore che pompava sangue alla velocità di un treno. Il respiro mi si affannò, non so cosa cazzo mi stesse succedendo ma la volevo era mia, era mia volente o no!
L'avevo premeditato, l'avrei approcciata all'esterno di quel locale, in mezzo alle auto parcheggiate, con una scusa qualsiasi; avevo visto che era in un gruppo di amiche, non c'era nessun altro uomo intorno che potesse fermare la mia assoluta voglia di conoscere quella donna.
Avevo, come si suol dire, le farfalle nello stomaco, la sensazione era più o meno quella che si sente quando si ha di fronte la ragazza di cui si è perdutamente innamorati... e forse lo ero, lo ero bestialmente: dovevo solo accoppiarmici.
Io nella vita facevo il postino, ho avuto di fronte donne in desabillè per anni, donne che mostravano scollature notturne, il mio arrivo per la firma della raccomandata non le spiazzava, tanto è il postino, firmo e chiudo! In una grande città come la nostra ci sta anche, la gente non si conosce tra porta a porta dopo venti anni di convivenza nello stesso stabile, figuriamoci se ci si cura per il postino... beh! questo per dire che io non ho mai avuto una pulsione così.
La aspettai, la vidi, e la fermai: - scusa, come ti chiami?- scusa più stupida no! - lasciami in pace!- disse lei con convinzione, e li non so, il fuoco, il furore, l'onore, che cazzo ne so! : - zitta puttana!-
impietrita cercò la forza per un urlo, urlò con i suoi bellissimi occhi, la presi, e misi una mano davanti la bocca, non credo avrebbe urlato era troppo spaventata, la buttai a terra e strappandole di dosso la sua gonna e le mutande la immobilizzai, per sempre. Mi aprii a fatica i pantaloni, e tirai fuori il mio pene in visibilio per poter usufruire di cotanta grazia e la stuprai con tutta la forza che un animale può avere in corpo, sentivo soffocarsi il suo urlo e il suo pianto sotto le mie vigorose spinte, finii il mio disastro in fretta eiaculai dentro di lei che sanguinava il dolore della libertà negata. La lasciai li nuda sanguinante e spaventata, andai via, il vile aveva fatto il suo lavoro di fecondatore. Mentre scappavo, nei primi istanti me ne compiacevo, ero stato un vero uomo, uno di quelli che non si fa mettere i piedi in testa dalla prima troia... pochi istanti dopo al calo dell'adrenalina sentii freddo, partì dai piedi per arrivare alla testa, per fermarsi al cuore dove ancora oggi staziona.
Mi presero poco dopo, qualche giorno dopo la ragazza uscì dall'ospedale e mi riconobbe in un filmato del circuito chiuso, bastò alla polizia fare qualche domanda in giro e arrivarono alla porta di casa, forse mi sarei costituito, la paura del carcere era tanta, la vergogna era immensa, e apparire come il violentatore alle persone mi ci faceva oltremodo apparire a me stesso. Fui processato e ingabbiato, il giudice e pm erano donne, lo desideravo, non dovevo avere scampo, la mia idea era che dovevo assolutamente espiare la mia colpa, non passò mai. Neanche con le botte e con gli insulti che presi dentro. Fui consapevole che il dolore che ho provato io e che ancora provo e la milionesima parte del dolore prodotto da me su quella bellissima donna, che anche oggi come me non ha pace.
Mi chiamo Giacomo, e vorrei morire ma non lo merito!


Giacomo: sinistra destra

L'ironia della sorte volle che l'aguzzino della mia fidanzata Marta si chiamasse Giacomo, anche io mi chiamo Giacomo, forse è anche per questo che oggi io e lei non stiamo più assieme.
Fu incredibile, quella sera, era la serata “io di qua tu di la”, ogni settimana succedeva, si usciva separati, le coppie si scoppiavano per cavalcare l'onda della libertà, il vento del single da sentire per noi maschi che si lascia per quella sera l'impegno del fidanzamento: una infantile parvenza. Io ero tornato a casa dai miei, perché ancora la vivevo, da un po di tempo. sentii il cellulare vibrare sul mio comodino, numero privato, chi sarà mai a quest'ora... l'attimo fu breve ma il pensiero fu lesto più dell'istante stesso : è successo qualcosa! Infatti, era un agente di polizia che mi riferiva l'accaduto e che Marta aveva chiesto di me. Balzai giù dal letto, l'adrenalina mi costrinse alla massima forza, il cuore pulsava come un tamburo, no! Non è possibile, nel buio vidi le lucine che si vedono in un colpo di pressione alta, quasi svenni. Mi ripresi e mi vestii in un istante solo, avvertii i miei e schizzai come un missile a duecento all'ora per le strade deserte per raggiungere Marta. Arrivai all'ospedale e la vidi stesa e livida in viso, non il colore tipico delle percosse, ma il colore tipico della morte. Marta era deceduta nella sua più intima parte, era già stata medicata, il ginecologo le aveva curato ferite e somministrato un tranquillante, per la gravidanza non c'era problema, Marta prendeva la pillola, l'unico problema fisico grave, e me lo disse in disparte era la possibilità di aver contratto qualche malattia, lo sperma del suo maledetto aguzzino c'era tutto e in più c'era il sangue, tutto cospirava affinché la nostra tranquilla vita potesse diventare un incubo. Mi raccontò dei periodi finestra dell'aids, mi raccontò un sacco di roba che io non sentivo neppure, che comunque se lo avessero preso e se lui fosse stato consenziente avrebbero potuto togliersi i dubbi sulla possibilità del contagio. Se, se, se, se fossi stato con lei non sarebbe mai successo. Invece ero li a giocare al single con altri cretini, rivelatisi poi la salvezza dall'oblio che mi aspettava. La vidi le strinsi la mano le diedi un bacio sulla fronte, dormiva, si svegliò mi vide, pianse in silenzio. Mi chiese scusa, perché mai? Si scusò! Feci cenno di rimanere tranquilla e che il peggio era passato, capii in seguito che il peggio continua continua continua! Ero incazzato nero, l'avessi avuto tra le mani l'avrei ammazzato, l'averei torturato prima, gli avrei vomitato addosso tutto il mio odio. Avevo sentimenti strani, ero spiazzato da ciò che provavo: era una sensazione simile alla gelosia, ma lei poverina non aveva fatto nulla, se non mandare a fanculo il suo violentatore, io l'avrei ammazzato! Comunque sia sentivo questa fermentazione di rabbia incredibile che si radicava all'interno del mio cervello e nel mio cuore, e molto partiva da questa strana sensazione di gelosia, di possesso, Marta era mia! Cazzo stavo incazzandomi anche con me stesso, avevo momenti di lucidità che mi riportavano sulla terra, ricordandomi che era il modo di ragionare di quella merda che aveva distrutto Marta, e ancora la collera, ma io c'ero prima, no! Mi urlavo dentro! Non è una questione di possesso, è una questione di violenza...cazzo! Bestemmiavo, dentro e fuori! Lei mi vedeva e si girava, la piantai subito. Si vergognava, cazzo che idiota che fui, non lo capii subito, si vergognava di dover fare i conti con una verità del genere, e io anziché accompagnarla pensavo alla vendetta.
Qualche giorno dopo uscimmo, e lei non aveva detto che qualche parola: grazie, arrivederci, sto meglio, sto peggio, devo andare in bagno... come ne saremo usciti? Come ne saremmo usciti? La portai a casa, in macchina c'era sua madre e suo padre il silenzio, e il signor Giacomo, non io porca puttana, era in mezzo a noi con la sua ingombrante presenza, teneva le mani sulle spalle a Marta, lo percepivamo tutti, il nostro nuovo coinquilino mentale, ancora non sapevamo chi era, quel giorno non era ancora stato catturato, non aveva un nome ma un peso e uno spessore come una petroliera sulle nostre vite. Vigliacco, becero scarto dell'umanità, represso, maniaco sessuale, bestia, veleno, infimo, inetto, verme schifoso, vile, codardo, carogna, parassita, egoista, idiota, stronzo, maledetta merda muori! Ecco cosa mi usciva, non c'erano ragionamenti da fare, era colpevole di una sua azione semplicemente, solo che stavolta la ciccia l'avevamo messa noi e non una qualsiasi violentata sul telegiornale, dove comunque ci si indigna, ma finisce il tigi e comincia il film “commedia all'italiana” e la distanza da una Marta qualsiasi diventa insormontabile. Ebbene da quel la consapevolezza l'avemmo in casa ogni giorno.
Qualche giorno dopo lo presero, e lo processarono subito, fui contento di vedere al processo due donne, una sicuramente era il giudice, fu ingabbiato! Lo vidi, Marta lo vide, entrambi non avemmo il coraggio di guardarlo oltre, ci guardammo, Marta fece un sorriso io la seguii, scoppiò in lacrime singhiozzando come mai l'avevo sentita prima. Furono molti a commuoversi, la strinsi a me, non era più lei.
Non si andava più, lei non mi voleva più, a letto poi non ci si era più stati, non voleva, aveva ragione, mi lasciò non aveva più nessuna intenzione di farsi sentire menomata, la vergogna era entrata e non la molla, io credo che avesse sentito che io la percepivo diversa.
Ora Marta, ha i suoi amici e amiche, ora Marta non esce più! Ora Marta per un Giacomo in più della sua vita si sente morta. Sono passati più di due anni e tra un po l'uomo esce, spero stia male e che viva a lungo perché si ricordi sempre che la “mia” Marta ora è “sua” per sempre nel male!

Marta: lo specchio

Mi chiamo Marta e, vivo il dolore sulla pelle, ogni giorno rivedo gli occhi del diavolo che mi penetra, sento male ancora come il primo giorno in ospedale. Mi chiamo Marta e questa cosa la può capire, concepire e ragionare solo chi l'ha subita. Abbiate la creanza di lasciarmi in pace, un giorno mi riprenderò, un giorno questa ferita rimarginerà in una vistosa cicatrice, lasciatemi metabolizzare devo percepire ancora da dove è arrivata la tempesta.
Giacomo ti dico: vivi!


Donatello D'Angelo

venerdì 6 febbraio 2009

perché pecunia non olet e la morale puzza?

Non so se sia un caso, o un abitudine tenere i cd nello stereo dell'auto fino al consumo della superficie specchiata, ma anche quella sera nel mio lettore avevo Fabrizio De Andrè nel suo capolavoro “Nuvole”. La punta era per le dieci a Bologna, in centro, quindi con tutti i problemi concernenti al parcheggio, il traffico e haimè la mia Panda che non va neanche a spingere.
Lui mi invia un sms con l'indirizzo da raggiungere, io guardo l'ora : non ce la farò mai! Ingrano la quarta e rispondo al suo sms con “la mia panda vola!” . Ero convinto dell'importanza della persona che stava per ascoltare un perfetto sconosciuto incontrato sulla strana vetrina di face book...
Apro e chiudo velocemente una parentesi: non so se avete presente il giochino del sesto grado di conoscenza per il quale non oltre, per l'appunto il sesto grado, ci si conosce tutti? Mi spiego, io conosco Pippo che a sua volta conosce Topolino, che a sua volta conosce Paperino, che a sua volta conosce Zio Paperone che a sua 'volta conosce Carl Barks (il suo inventore) per cui per la proprietà transitiva se non fosse morto, io potrei aver contatti con Walt Disnay .... Beh secondo me il Face Book e' la fine di questo gioco cretino che si faceva in gioventù, Face book ha annullato (finalmente) le distanze. Così Richard Bach nel suo “nessun luogo è lontano” avrà conferma di quanto ha scritto della piccola Rae, e Vinicius de Mareas potrà essere felice nell'aver anticipato con la sua frase “la vita è l'arte dell'incontro”... scusatemi la divagazione!
Torno al viaggio tra la valle della pianura e il fermento della città di un giovedì sera. Lo stereo suonava forte il Faber che mi raccontava di Don Raffaele, della domenica delle salme, e dei “li monti di Mola” e vorrei soffermarmi su quest'ultima. Questa canzone in sardo (ma in internet si trova la traduzione facilmente) parla dell'amore tra un uomo e un asina. Mi chiedo cosa mi avrà voluto dire Fabrizio con questa canzone?... e perché la scelta del sardo? Qui di seguito scriverò la mia personalissima interpretazione, d'altra parte Fabrizio era eclettico poliedrico quindi se a me arriva “x” e ad un altro “y” non può stupire! Il suo messaggio è difficile, può essere anche interpretato semplicemente, tant'è: vedi la solita fiaba che si ambienta in una location magica come la “Gaddura” dove un “aina” ed “un cioano vantaricciu e moru ” si piacciono dopo gli sguardi tipici di chi si cerca, innamorandosi. Mancante di lieto fine, la storia si conclude in un nulla di fatto tra lo stupore del popolo che prima aveva parlato e sparlato dell'amore tra un asina e un bel ragazzo aitante e moro. Invece... c'è molto di più!
Succede che una vecchia nascosta tra i cespugli della macchia vede l'incontro, lo stravagante “carrasciale di baxi” (carnevale di baci) e chiaramente invidiosa dice:“ Beata idda, uai che bedd'omu, biata idda sola me moru”; così, fa si che questo amore debba essere suggellato dall'approvazione popolare con un “coiu” (matrimonio) ... tutto il paese si prepara si agghinda per la festa, “lu parracu mattessi intresi in lu soiu” il parroco entra nel suo saio, ma alla fine non si può celebrare ... dai documenti “uscì” che l'asina e l'uomo sono “fratili primi” (cugini primi). Non serviranno i lamenti dell'uomo e la disperazione dell'asina a far si che “l'amuri manno” (amore grande) possa “essere” quanto è vero che “l'aba si suggi tutto lu meli di ghista multa”.
e idda si tunchia abbeddulata ea ea ea ea...
iddu le rispundia linghitontu ae ae ae ae..
E LEI RAGLIAVA INCANTATA EA EA EA EA...
LUI LE RISPONDEVA PRONUNCIANDO MALE AE AE AE AE..
cercando (probabilmente per me) di far capire la loro uguaglianza dove il denominatore comune era l'amore.
Se è vero che il caso non esiste, questa ne è per me un emblema, andavo a trovare Franco Grillini a casa sua, la musica che mi ci accompagnava era una triste realtà per cui l'amore è dopo tutto: dopo le approvazioni popolari, dopo i retaggi culturali e sociali, dopo le istituzioni... e soprattutto nessuno s'era accorto che l'amore era tra un'asina ed un uomo, o forse, la cosa più importante era il fatto che non potessero sposarsi per non essere incestuosi! Consiglio a tutti l'ascolto di Monti di Mola, anche solo per smentirmi, e/o aiutarmi a capire meglio.
Arrivo a casa sua, ho da provare un'altra consapevolezza, quella di essere etero davanti ad un omo! Che stronzata! Mi mando a “fare in culo” da solo. L'ho cercato io, l'ho trovato, lui come dice “non se la tira” ed ora vai! Suono il campanello: sono Donatello ... vieni primo piano! Salgo le scale, e l'uomo che il giorno prima era da Barbara Palombelli, e spesso dai ragazzi di Katerpiller oggi era di fronte a me! Ci stringiamo la mano e ci sediamo, cominciamo a parlare.
In realtà il motivo per cui sono stato curioso di conoscere Franco, è stato per il fatto che ho scritto un romanzo che mi sarebbe piaciuto che lui leggesse, spero che lo faccia prima o poi. Non so che dire, lui è un ex parlamentare, è uno che ha “due maroni così”, ha fatto battaglie immani e ora è qui con me e spero di non annoiarlo! Sono qui perché credo nell'idealismo, credo che il pragamtismo politico ci abbia portato all'instabilità odierna, non do colpe a dx o sx sono stati tutti uguali: il non senso di essere così moderati ci porta all'alitalia, alle morti bianche, ai rifiuti sparsi ovunque e all'emarginazione delle minoranze. Sono qui perché credo che nel essere Laico, credo che il laicismo sia l'unica maniera per non mettersi addosso lo scudo della morale procurata. Dove da una morale fasulla non può che nascere un cilicio per il cervello. Così si pensa, si scrive e si lotta. Glielo dico:- io sono qui da te perché tu incarni il modello di quello che penso in fatto di morale e idealismo!- chissà quante volte l'ha già sentito? Però voglio dirglielo anche io!
La serata va avanti così, lui mi parla un po di tutto, mi dice di quando era parlamentare, io chiedo come è vedere quelle persone che sembrano (e forse lo sono) cosi lontane dal popolo, lui mi fa ridere con la battuta che uno della maggioranza gli dice che è simpatico al premier... lui risponde con un a domanda esilarante: ” dimmi dove ho sbagliato?” ridiamo! E ci mangiamo un arancio, si parla di tecnologia, e do un occhiata da tecnico al suo pc e si divaga tra il più e il meno tra le sue statue di bronzo e la sua fotografia di bambino sul banco di scuola. Alla fine non è tanto importante su cosa verteva la chiaccherata, ma sul come. Lui è davvero una persona in gamba, sia dal punto di vista politico che morale, si morale!
Non voglio parlare di tolleranza ma di rispetto e di umiltà! La tolleranza è una fandonia, è una bandiera nera, è un auto-apologia alla morale, non dobbiamo tollerare ma rispettare sempre!Tollerare lo lascio alla caseina, all'aspirina, alle cose che in fin dei conti possono fare male ma che le abitudini ci fanno, per l'appunto, tollerare.
Come dicevo prima l'idealismo che ha portato quell'uomo a dire sono “omo” è una pietra miliare nelle strade della nostra società che nonostante tutto si trova ancora a fare i conti con chi li chiama protervamente “froci”,convinti che l'eterosessualità sia la “verità”. Ebbene siamo etero quanto lui e tanti altri sono omo,e lui è omo come noi siamo etero! E noi dobbiamo renderci conto, e farne emblema, che essere omo o etero non è una scelta ma un modus vivendi è un riconoscersi così come ci si sveglia la mattina.
La serata continua, mi propone di andare in locale dove ci sono amici ad attenderci, chiaramente un locale gay, ci vado! Il locale è nel centro di Bologna, un gran bel locale “overskin” oltre la pelle! Oltre al nostro caro retaggio, c'è un posto dove si è davvero rispettati per quello che si “è”. Ci accoglie un bel ragazzo travestito, sembra uscito da “full monty”, il suo viso illuminato dalla luce della sua omosessualità e dai brillantini che ha sul volto. Chiaramente riconosce Franco e ancora di più si illumina dell'onore di avere nel suo locale l'emblema della sua identità sessuale: da lui c'è Franco, quello che negli anni settanta, quando lui ancora non c'era, combatteva già per la sua affermazione! Arrivano tutti, tutti ci attorniano e ci salutano caldamente e ci si presenta. Sento odore di consapevolezza forse l'overskin è il locale dove in tutta la mia vita di “bagordi” ho trovato più “realtà”,e di sensibilità ho visto l'emozione che noi “virili” teniamo ferma per non essere tacciati di “checchismo”.
Per me la serata finisce in fretta, devo raggiungere casa, è già l'una e domani si lavora e la sveglia per me è alle sei e trenta e il viaggio per tornare a casa è lungo e immerso in una nebbia sulla quale puoi appoggiare la bicicletta. Riparto da via della Grada dove si trova il locale accendo la panda e lo stereo, Fabrizio canta ancora “in li monti di Mola” che oggi si riempe di ancora più patos, finisce e parte il primo pezzo: una poesia sulle nuvole, che vanno e vengono ... che prendono la forma della pecora o di qualche altra bestia ... ma, chiaramente, questo lo vedono meglio i bambini!... i bambini che sono liberi e felici finché non arriva qualcuno (meno male non sempre) a togliere loro l'istinto di esseri felici,educandoli con morali dettate da retaggi che si professano pieni di valori ma che alla fine sono solo costituite dalle “piramidi capovolte” dell'ignoranza, del pregiudizio, dei sensi di colpa.
Donatello D'Angelo